venerdì 16 aprile 2010

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6 commenti:

Cristiano ha detto...

riporto l'esperienza di un mio caro amico che è stato laggiù a Lashkangah..

-Decidere di partire per lavorare in missione a Lashkargah nell´Ospedale di
Emergency, significa decidere di lasciare la propria vita per almeno sei mesi e
trascorrere questo tempo nella sola occupazione di operatore sanitario, medico
o infermiere radiologo, logista che sia. Significa lasciare a casa la famiglia,
gli amici, il lavoro, gli affetti. Significa scegliere di fare parte di
qualcosa che solo in parte darà benefici e vantaggi individuali. Significa
essere consapevoli di essere criticati e criticabili, a volte sostenuti ma
spesso incompresi. Significa lavorare in sicurezza ma essere consapevoli di
essere nel centro di una guerra che per definizione risulta imprevedibile e di
conseguenza capace di sorprendere negativamente e repentinamente. Significa
avere la certezza di esser qualcosa di pulito in mezzo alla sporcizia, di
essere l´unica opportunità per molti, di essere a contatto giorno per giorno
con una sofferenza e un dolore incomprensibile e che nel nostro mondo
ritroviamo solo negli occhi dei nonni, degli anziani che ci sono cresciuti in
mezzo. Accendere la tv,
aprire un giornale, connettersi ad internet e trovare i volti di colleghi,
compagni di missione, amici descritti come delinquenti invasati e terroristi
mi disgusta mi inorridisce e mi invoglia a raccontare ad alta voce chi
realmente loro sono e cosa hanno fatto e continueranno a fare anche dopo questi
ultimi, tragicamente ridicoli avvenimenti. Marco Garatti, Matteo Dell´Aira,
Matteo Pagani, sono un medico un infermiere e un logista ma questa è solo la
loro professione. In realtà sono molto di più. Sono uomini e ragazzi che hanno
fatto una scelta, condivisibile o no ma comunque una scelta importante. Hanno
scelto di fare parte di un progetto il cui fine è quello di garantire un´
assistenza sanitaria di qualità in quei posti nel mondo dove tutto ciò non è
possibile o meglio appare impossibile garantire. Sono promotori di pace e non
foraggiatori di armi. Sono contro la guerra, tutte le guerre a prescindere
dalle motivazioni. Sono esattamente l´opposto di ciò che vogliono farvi
credere. Sabato apprendere la notizia, vedere le immagini del nostro ospedale
violato assediato dai militari è stato spossante tanto da sviluppare un
malessere fisico. Ogni giorno, per tutta la durata della mia missione ho visto
e posso testimoniare l´atteggiamento e l´attenzione posta per garantire
trasparenza, per tenere lontane le armi, per mantenere l´imparzialità politica
poiché l´unica intenzione era quella di garantire assistenza ai feriti civili,
senza chiedere nulla se non di lasciare fuori le armi. Unica loro colpa e mia,a
suo tempo, è stata quella di avere occhi e orecchie ben funzionanti.
Bisognerebbe essere cechi e sordi per non essere testimoni di quello che ci
succedeva intorno. Vorrebbe dire mentire, negare che i bambini muoiono come
mosche e sicuramente con meno dignità. I bambini vengono dilaniati dalle mine,
da proiettili vaganti, esplosioni degli attentati e come loro i loro genitori,
padri, madri, fratelli, sorelle che come unica colpa hanno quella di esserci
nati e di fare parte inconsapevole di tutta quella merda. Per tutto questo e
molto altro voglio rendervi partecipe del mio pensiero ed esprimere tutta la
mia totale solidarietà ad Emergency e ai miei tre amici coinvolti. Totale e
incondizionata da volere fare ancora parte del progetto, appena possibile, con
la consapevolezza di fare bene e di essere apprezzati dalla gente comune che
cerca di avere una vita comune come tutti noi desideriamo. Concludendo posso
confermare che il complotto c´è stato ed è stato ben articolato e subdolo. Il
complotto è a scapito di Emergency, nel tentativo di chiudere l´ospedale e
bendare gli occhi e cucire le bocche di chi in quel posto è l´unico promotore
di pace e assistenza sanitaria.
Luca-

Alessandro Teruzzi ha detto...

Grazie Cristiano

Cristiano ha detto...

a quanto pare lo scopo è stato raggiunto: l'ospedale probabilmente verrà chiuso...

Alessandro Teruzzi ha detto...

Il corriere scrive ( http://www.corriere.it/cronache/10_aprile_19/emergency-liberazione-condizioni-rilascio_5304d04a-4b75-11df-b8c5-00144f02aabe.shtml ):

Però la vera svolta per sbloccare l’impasse e ottenere la scarcerazione dei tre detenuti sembra essere arrivata con il trasferimento a Kabul di tutti gli operatori umanitari che lavoravano nell’ospedale di Lashkar Gah, determinandone così la chiusura. È questa la condizione che il governo italiano ha dovuto accettare per soddisfare gli afghani, ma anche il vertice militare britannico che di quella zona a Sud del Paese detiene il comando. E tanto basta a confermare definitivamente come la perquisizione ordinata una settimana fa nella struttura fosse soltanto un pretesto che serviva a tenere sotto pressione l’organizzazione di Gino Strada finita nel mirino per il suo ruolo pubblico e per aver mediato negli anni scorsi con i talebani ottenendo la liberazione di Gabriele Torsello e Daniele Mastrogiacomo, sequestrati mentre erano in quell’area.

Bella tristezza.

Cristiano ha detto...

avevo letto anch'io quell'articolo: trovo veramente imbarazzante lo scarsissimo peso internazionale della diplomazia italiana, se quello che hanno ottenuto con la liberazione dei tre operatori è stato "pagato" in questi termini ogni commento è superfluo... anche 'l'Italia se ne lava le mani di ogni aspetto umanitario...

Marcello Novelli ha detto...

Proprio una brutta storia questa.