giovedì 18 marzo 2010

A Mio Padre





Oggi è il 22° anniversario della morte di mio Padre, ricordo quel giorno con precisione documentaristica. Oggi è stato un giorno strano: soleggiato, ventoso, quasi elettrico. Qualche cortocircuito dei sentimenti e tanti pensieri. Tempo fa ho scritto questo racconto, penso che sia il miglior ricordo che io possa offrire. 


L’interpretazione dei sogni

Nel 1905 una nuova interpretazione della realtà fisica ha aperto un’epoca d’oro per il mondo scientifico. Il nocciolo della questione si basa sul concetto che esiste un limite minimo invalicabile oltre al quale non è possibile rimpicciolire ulteriormente una grandezza.
Volendo rendere il tutto con una metafora possiamo dire che i fisici classici (pre-1905) vedevano il mondo come infinitamente liscio, mentre i fisici quantistici lo vedono come una costruzione di minuscoli mattoncini. Se il fenomeno fisico è sufficientemente grande possiamo non accorgerci dei mattoni e considerarlo come liscio; un po’ come quando tocchiamo un vestito di seta e non sentiamo le imperfezioni o le asperità, ma se lo mettiamo sotto il microscopio vediamo l’intreccio e la consistenza del singolo filo.
Quindi i fisici moderni vedono un mondo costruito da unità fondamentali che visto da lontano si comporta come un continuo perfetto. E’ bene sottolineare che le unità fondamentali si riescono a distinguere solo quando si va a dimensione atomica, quindi la percezione del mondo che noi abbiamo attraverso i nostri sensi è limitata alla fisica classica.
L’ipotesi di una unità fondamentale (detta quanto) ha spiegato in un solo colpo una vastità tale di fenomeni diversi da impressionare il mondo scientifico. Essere un fisico negli anni dieci del novecento doveva essere eccitante come per un filosofo l’Atene di Pericle o per un artista la Firenze dei De Medici.
Un periodo di tanto splendore è stato però offuscato da una nuvola piombata su un cielo immacolato. Per capire la portata della rivoluzione occorre ricordare che i fisici crescono nel culto quasi religioso di capire e soprattutto prevedere il comportamento della natura. Un ragazzo tedesco di poco più di vent'anni scrive un articolo che ha scosso le fondamenta del modo di intendere la scienza ed ha fatto discutere i fisici ed i filosofi fino ad oggi. Come tutte le cose affascinanti è anche di una semplicità meravigliosa. In un mondo pre-1905 gli esperimenti potevano essere condotti con un grado di precisione migliorabile all'infinito. Nulla lo impediva. Una volta migliorata la tecnologia a disposizione anche il risultato dell’esperimento sarebbe aumentato in aderenza con la realtà. Nel nuovo mondo quantistico esiste una soglia minima da rispettare, siccome condurre un esperimento significa necessariamente interagire con quello che voglio studiare non posso “disturbare” con un forza infinitamente piccola, ma devo per forza limitarmi ad impiegare un singolo mattoncino (cioè un quanto). Un piccolo esempio chiarirà tutto.
Supponiamo di voler misurare la temperatura dell’acqua, immaginiamo inoltre di aver a disposizione un termometro costituito da un quanto e sempre immaginando pensiamo che sia grande più o meno come un capello. L’esempio non è realistico le dimensioni quantistiche sono di molto inferiori, ma questo è un esperimento mentale quindi possiamo fare ciò che vogliamo! Immergiamo il nostro termometro quantistico in un bicchiere d’acqua e misuriamone la temperatura. Possiamo affermare senza tema di smentita che stiamo leggendo veramente la temperatura dell’acqua, la situazione cambia drasticamente se decidiamo di voler leggere la temperatura di una goccia di nebbia.
Nel caso precedente la capacità termica del bicchiere era talmente grande da potersi dimenticare dell’apporto dato dal termometro, adesso invece la goccia avrà circa le stesse dimensioni del nostro termometro e quando i due oggetti verrano in contatto ci sarà uno scambio di calore tra i due. La massa del nostro termometro in questo caso è troppo rilevante per essere trascurata e la sua lettura non sarà veritiera, o meglio, conterrà un certo grado di incertezza.
D’altra parte non abbiamo possibilità di perfezionare il nostro esperimento perché il termometro in nostro possesso è già il più piccolo esistente. Non possiamo neanche cercare gocce più grandi o aggregarle tra loro perché altrimenti studieremo un problema diverso. La conclusione è amara: alcuni sistemi possono essere indagati solo con un certo grado di incertezza e questa incertezza non è di origine tecnologica ma ontologica (propria del suo essere) del sistema stesso.

In altre parole: la natura vuole la sua intimità.

La questione già spinosa si porta a presso un problema collaterale non di poco conto. Se l’osservatore perturba il sistema significa che in un certo senso partecipa ad esso e ne contribuisce al risultato. 
Ma in che modo?
I fisici hanno affrontato il problema in modo variegato e ti assicuro a volte anche molto fantasioso. Ci sono i pragmatici (Borh e la scuola di Copenaghen) che dicono: se la natura è fatta così noi la studiamo così.
Ci sono i puristi (Einsten e compagnia) che pensano che la fisica sia il mezzo per apprezzare Dio e non sopportano l’idea che gli venga negata la possibilità di conoscerlo a fondo. Insomma “Dio non gioca a dadi”.
Gli umanisti (Von Neumann) mettono l’uomo al centro della questione e sostengono che sia il cervello dell’osservato in ultima analisi a decidere il risultato della misura.
I nipotini di Asimov (Everett, De Witt e Graham) ritengono che in realtà la natura non esegue una scelta ma percorre tutte le possibilità. Quindi ad ogni evento il mondo si divide in una serie di universi paralleli tutti egualmente importanti. L’universo in cui viviamo non è speciale in nessun modo è soltanto quello di cui noi abbiamo coscienza. Anch’io voglio dare il mio piccolo contributo alla causa e quindi ti introduco i poche righe la mia teoria.
A mio avviso la soluzione sta nell’unione di due concezioni sopra già accennate. L’idea degli universi parelleli è affascinante, ma la teoria non spiega come mai noi viviamo in un solo mondo e neache dove sono gli altri universi. Io penso che questi universi siano “intrappolati” nel nostro cervello. Questa miriade di mondi si sviluppa nel nostro inconscio disegnando tutte le possibilità che la nostra vita ci ha presentato. 
E’ chiaro che gli “universi simili” cioè che si differenziano per piccoli dettagli si uniscono
generando relativamente pochi scenari significativi.
Questi mondi rimangono silenti ed impiegano l’80% del nostro cervello. Quota che solitamente si ritiene non utilizzata da una persona normale.
I sogni non sono riflessi del nostro inconscio. Sono un piccolo viaggio nelle nostre vite parallele. Sono una sbirciata alla vita che stiamo vivendo ma di cui non abbiamo coscienza in stato di veglia!

Buio...Luce...Buio.
Alcune forme...raggi di luce come una linea tratteggiata.
Formicolio al braccio sinistro...Apro mano destra...Chiudo mano destra...Apro-chiudo.
Apro-chiudo-Apro-Chiudo-Apro-Chiudo-Apro.
Va un po’ meglio. Sono quasi cosciente.
Un profumo caldo e vagamente mediteraneo mi dilata le narici, sto bene.
Finalmente apro gli occhi. Dovrei essere sorpreso invece mi sento rilassato.
Ormai sono completamente cosciente.
Il sole filtra dalle finestre a raggi vivi e luccicanti, ciò è piuttosto strano in quanto la finestra della mia camera è posta ad ovest e per questo motivo non può essere assolata prima di pomeriggio inoltrato. Chissà perché un dettaglio tanto sottile è la prima cosa che mi si stampa in mente dopo un notte di sonno profondo. Comincio a guardare la stanza per cercare punti di riferimento, più trovo incongruenze più la questione mi lascia indifferente, rimane soltanto una sorta di svagata curiosità che mi spinge ad indagare, senza alacrità, con calma. Con Dolcezza. Mi sento come da bambino quando mio Padre mi portava in bicicletta sul seggiolino davanti, con il vento tenue che mi rinfrescava il viso, la Sua voce baritonale che diceva il nome degli alberi e mi raccontava storie degli anni cinquanta. Tutto era nuovo e piacevole, anche i paesaggi visti centinaia di volte e le storie sentite e dimenticate altrettanto. Tutto era collaterale, decorativo, fondamentalmente inutile anche se di una bellezza devastante. Mio Padre aveva mani enormi come il suo sorriso, anche se sul seggiolino gli voltavo le spalle, sapevo che il Suo sorriso era li ad accompagnarmi, riempiendo le sue pause e punteggiando le sue storie. Senza alacrità, con calma. Con Dolcezza.
Buio. Chiudo gli occhi ed inspiro con decisione. Le mie narici mi si dilatano. Che strano silenzio, Londra è sempre rumorosa la mattina. Che ci siano i doppi vetri? Luce. No, i serramenti sembrano famigliari, in buono stato, ma i soliti a vetro singolo.
L’arredamento è diverso. Molto più sobrio, moderno. Accogliente nonostante la predominanza del laccato lucido e dell’acciaio satinato.
Sono girato su un fianco, il mio braccio sinistro è sotto la tua testa, l’altra mia mano tiene la tua e le mie labbra non sono a più di un palmo dal tuo viso.
Inspiro di nuovo l’odore mediterraneo che mi aveva sopraffatto qualche istante prima e ti osservo.
Hai gli occhi chiusi, la testa è reclinata a formare un angolo leggermente acuto rispetto le spalle. Sei serena, il tuo respiro è profondo e sincrono con il mio. Deve essere estate perché ti copre solo un leggero lenzuolo che ti lascia una spalla scoperta. Divincolo con lentezza la mia mano e ti copro. Sembri approvare con un impercettibile movimento delle labbra, una sorta di sorriso, ma solo abbozzato. I capelli ti scivolano di lato, un po’ increspati. Alcuni sotto il lenzuolo altri sopra.
I lineamenti del tuo corpo sono attutiti dal lenzuolo, ma la tua bellezza non risulta smorzata. E’ emozionante guardarti. Tolgo mentalmente il lenzuolo, ti osservo. Esploro.
Quando ero bambino avevo un’unica passione la scoperta di terre incontaminate.
Ero l’unico bambino in una famiglia di adulti. Tutti avevano del tempo per me ed avevo una serie infinita di passatempi divertenti.
Con mio Fratello la lotta. Mi piaceva talmente tanto che per farmi smettere senza protestare, faceva finta di riportare un trauma cranico o di aver infranto accidentalmente gli occhiali. Ancora oggi mi chiedo se non ho avuto qualche conseguenza da quella tempesta di sensi di colpa. 
Con mia Sorella il circo. Mi piaceva un po’ meno essere lanciato per aria o truccato da clown con tanto di parrucca.
Con mia Madre gli anelli di fumo. Erano anni in cui non erano chiari gli effetti deleteri del fumo, figuriamoci quelli del fumo passivo e allora mi piaceva un mondo vedere mia madre aspirare una boccata dalla sua MS e far uscire una sfilza di cerchi argentati destinati a sfiorire in pochi secondi. Con mio Padre l’atlante. Saltavamo sul lettone e aprivamo l’atlante. Non sapevo ancora leggere e quindi assetato di conoscenza Lo guardavo in cerca di informazioni. E Lui snocciolava cifre (numero di abitanti, superficie in chilometri quadrati,PIL, ecc...), descrizioni del paesaggio, del tessuto industriale, delle risorse economiche. I posti esotici erano i miei preferiti. Mio Padre puntava il dito su Milano e percorreva la strada fino alla meta più lontana citando le difficoltà e la bellezza dei luoghi incontrati lungo il cammino. Raccontava con passione, senza alacrità, con calma. Con Dolcezza.
Non mi risulta che mio Padre sia mai stato al’estero, ma ha seminato in me il seme della curiosità, la voglia di capire le cose. Di conoscerle, insomma la brama di Esplorare.
Respiro ancora il tuo profumo e mi sembra di spalancare una finestra di fronte al mare. Sorrido mentalmente e forse anche fisicamente, senza il minimo rumore mi guardo in torno ed esamino meglio la stanza. Sul mio comodino c’è un pacchetto di fazzoletti di carta, una bottiglia d’acqua minerale quasi vuota e una copia di “Cosa ti importa di cosa dice la gente” di Feynman. Sul tuo una rivista, dell’acqua, un libro (mi sembra in francese ma non riesco a leggere il titolo). Mi volto verso il comò posizionato sotto la specchiera.
E’ pieno di cose. Beh! Non sono mai stato un tipo ordinato.
Un lampo mi colpisce. Mi turba e mi commuove. Non è nessun oggetto in particolare a causare questa mia reazione, anzi a dire il vero è proprio la mancanza di un oggetto a colpirmi. In tutta la stanza non c’è la foto di mio Padre!!!
Mi commuovo mentalmente e forse anche fisicamente, senza il minimo rumore un lacrima dolcissima mi solca il viso e scivolando rapida si spegne sul lenzuolo.
Non vedo l’ora di alzarmi, ma aspetto ancora un po’ perché non voglio svegliarti, non c’è bisogno di avere fretta quando si ha tra le mani una vita meravigliosa.

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