Maledetta salsa! Nel senso del ballo non del condimento.
Quando ero a NYC ho conosciuto una ragazza colombiana: alta, curvilinea, con i capelli mossi ed un bellissimo sorriso. Insomma un bel vedere. Frequentava con me il mio corso d'inglese, quindi avevo la possibilità di incontrarla tutti i giorni ed anche di pranzare con lei.
Le ho fatto una corte spudorata, sempre da galantuomo, naturalmente. Le portavo i libri, l'accompagnavo alla metropolitana ed ero sempre gentile con lei. C'era un certo feeling tra di noi, ma le occasioni per restare soli erano veramente scarse, inoltre un altro fattore mi giocava contro. La logistica. Lei, infatti, abitava nel punto più remoto di NY a quasi 35 km da Manhattan, quindi le era praticamente impossibile uscire la sera, di conseguenza non avevo nessuna possibilità di invitarla a cena.
Dopo un mese buono lei mi dice:"Mi piacerebbe uscire questo sabato. Ma non riesco a tornare a casa, insomma mi servirebbe un posto dove passare la notte... Mi ospiti tu?". Io mantengo il sangue freddo e dico con la faccia seria e noncurante:"Of course. It's not a problem at all".
A quel punto rimaneva soltanto da organizzare la serata. Io avrei preferito un disco pub o una roba del genere, mentre invece a qualche cazzone gli e' venuto in mente di andare a ballare la salsa.
Maledetta salsa!
Lei si presenta bella come il sole ed inguainata in un vestito sgragiante e generosamente scollato.
Io cerco di mantenere un profilo basso, chiacchero, vado al bar e cerco di tenermi lontano dalla pista da ballo. Lei dopo un quarto d'ora mi viene a cercare e mi invita a ballare. Io protesto dicendo di essere un assoluto neofita e lei si offre di insegnarmi.
Un passo indietro ed una precisazione. La salsa in Colombia è una specie di religione, tutti sanno ballare e tutti lo fanno da dio.
Insomma cominciamo a ballare e lei mi bisbiglia i consigli nell'orecchio, questo sarebbe in generale bastato a fregarmi la concentrazione, ma quella sera ce la stavo mettendo tutta per non perdere il controllo e focalizzarmi sulla danza. Non stavo andando male fino a quando, lei non fa scivolare la mia mano sui suoi fianchi e mi consiglia di guardare i suoi piedi.
E' stato come guardare in fondo al burrone mentre si sta attraversando un ponte tibetano. Lei è anche stata paziente, ha cercato di aiutarmi, ma io ho inanellato più sconfitte in quei dieci minuti che in una intera stagione di calcio nella squadra dell'oratorio.
Inutile dire come e' andata a finire.
Il problema non è che mi manca la coordinazione o il senso del ritmo, il problema sono limiti imposti dal ballo stesso. I passi standardizzati soffocano la mia fantasia, ho bisogno di essere libero nel ballare, ho bisogno di avere spazio per sfruttare il mio potenziale.
Io sono come l'albatros, il principe delle nuvole, che abituato alla tempesta rido dell'arciere ma quando sono esiliato sulla terra fra gli scherni non riesco a camminare con le mie ali da gigante.
L’ALBATROS
Per dilettarsi, sovente, le ciurme
Catturano degli albatri, grandi uccelli marini,
che seguono, indolenti compagni di viaggio,
il bastimento che scivolando va su amari abissi.
E li hanno appena sulla tolda posti
che questi re dell'azzurro abbandonano,
inetti e vergognosi, ai loro fianchi
miseramente, come remi, inerti,
le candide e grandi ali. Com'è goffo
e imbelle questo alato viaggiatore!
Lui, poco fa sì bello, come è brutto
e comico! Qualcuno con la pipa
il becco qui gli stuzzica; là un altro
l'infermo che volava, zoppicando
mima.
Come il principe delle nubi
è il poeta che, avvezzo alla tempesta,
si ride dell'arciere: ma esiliato
sulla terra, fra scherni ,
le sue ali di gigante gli impediscono di camminare
Charles Baudelaire